La genesi delle costruzioni ferroviarie francesi

Un valzer di concessioni e opposizioni fra attori pubblici e privati

Un approfondimento di Federico Meneghini Sassoli

Abstract

Questo breve approfondimento si prefigge lo scopo di fornire al lettore un breve quadro del burrascoso inizio della storia ferroviaria francese. Saranno brevemente delineate le caratteristiche della rete, partendo dalla linea Saint Etienne – Andrézieux fino alle costruzioni dei primi anni ’50 del XIX secolo. L’analisi seguirà come muti nel corso degli anni la posizione statale francese e come si creino soluzioni innovative per nuovi problemi posti da questo sistema di trasporto.

Cette brève étude vise à fournir au lecteur une brève image du début orageux de l’histoire ferroviaire Français. Les caractéristiques du réseau seront brièvement esquissées, à partir de la ligne Saint Etienne – Andrézieux jusqu’aux constructions du début des années 50 du XIXe siècle. L’analyse étudiera comme la position de l’Etat  vers les investisseurs change au cours de la période et comment sont élaborées des solutions innovantes aux nouveaux problèmes posés par ce système de transport.

This brief study aims to provide the reader with a brief picture of the stormy beginning of French railway history. The characteristics of the network will be briefly outlined, starting from the Saint Etienne – Andrézieux line up to the buildings of the early 50s of the nineteenth century. The analysis follows the changement of public-private relations during this period and how innovative solutions were applied to met the challenges of this new method of transportation.

La genesi delle costruzioni ferroviarie francesi: un valzer di concessioni e opposizioni fra attori pubblici e privati

L’ingresso della Francia nell’età delle ferrovie non fu semplice né lineare ma si rivelò essere un continuo walzer fra posizioni differenti e frequentemente in contrasto diretto fra loro, seguendo tendenze sociali discordanti.
Le sue prime costruzioni ferroviarie non furono progetti di grandi dimensioni né in posti legati al grande pubblico: queste consistettero in linee di ridotta lunghezza, progettate per essere trainate inizialmente da cavalli e colleganti colline a vallate, costruite al fine di unire le miniere montuose alle città di consumo o ai fiumi o ad altre vie d’acqua per immettere nel mercato nazionale i prodotti dell’industria estrattiva[1].

La prima concessone regale fu infatti per un collegamento via binario, ovviamente singolo, per una linea dedicata esclusivamente all’industria estrattiva. Si trattava del collegamento, posto nella regione storica del Rodano-Alpi, tra la città mineraria di Saint-Étienne e il porto fluviale di Andrézieux, collocato sull’alto corso della Loira. La concessione venne emessa nel 1823 ma il primo servizio regolare si stabilì solo a partire dal 1828.

Già questa prima costruzione mostra chiaramente un gran numero di elementi caratteristici della Francia del tempo e delle costruzioni ferroviarie in sé.
Apparve immediatamente evidente l’invasività di queste opere, per la cui costruzione si rese necessario l’uso di espropri. Questo ci porta al secondo elemento dell’analisi, già il fatto che gli imprenditori non decisero di agire come in altre nazioni spingendo tramite rimborsi particolari o con scambi a far rinunciare ai proprietari dei terreni posti sulla futura ferrovia ma, rispettando la tradizione centralistica che si era ormai instaurata in Francia, fecero appello al potere pubblico in modo da operare degli espropri. Vediamo così come in piena Restaurazione, in un periodo in cui l’intervento statale era visto non troppo bene dal pensiero liberista molto presente, anche come reazione ai regimi rivoluzionari e napoleonici precedenti che ne hanno fatto ampio uso, lo stato si trovi qui chiamato dagli stessi investitori a intervenire[2] poiché è l’unico dotato del potere di espropriare possedimenti[3].

Questa prima concessione venne seguita rapidamente, nel 1826, da una seconda ad essa direttamente collegata. Estendeva infatti consisteva nuovamente in un collegamento fra Saint-Étienne e  un fiume, in questo caso il Rodano. Unendo la città mineraria alla capitale regionale, Lione, passando per Rive-de-Ger e Givors. Per questo collegamento vennero mobilizzati circa 10 milioni di franchi[4]. Con lo stesso sistema vennero concesse successivamente le linee da Épinac a Pont-d’Ouche nel 1833 e tra Alais e Beaucaire lo stesso anno. Tutte queste linee della lunghezza di poche decine di chilometri non potevano ancora reclamare per sé un ruolo di primo piano nei trasporti si vedevano piuttosto trattate come un sistema ancillare rispetto ai grandi assi fluviali a cui erano collegate, essendo binari isolati che non portavano ad altro apparivano distintamente come affluenti del fiume, certamente un nuovo mezzo ma utile solamente a sfruttare meglio miniere preesistenti e collegamenti fluviali già collaudati[5]. Ciò appare evidente osservando la posizione di queste ferrovie in rapporto ai relativi fiumi (ved. carta 1).

Carta 1. Le ferrovie francesi nel 1842.

Fonte: mia rielaborazione di una mappa presente in Péréire I., La Question des Chemins de fer, éditions Motteraz, Paris, 1879.

Pur considerato come un sistema ancillare, il Corps des Ponts et Chaussées, il corpo statale di ingegneri civili, si impegnò rapidamente per cercare di dirigere le costruzioni ferroviarie in modo da ottenere la migliore integrazione possibile con i mezzi di trasporto già presenti sul territorio e mantenere il controllo statale sulle costruzioni infrastrutturali sviluppatosi in Francia nei due secoli precedenti[6]. Per fare ciò il Corps des Ponts et Chaussées organizzò dei bandi, simili a gare d’appalto, in cui veniva data alla società che avrebbe assicurato le tariffe migliori la concessione per costruire linee ferroviarie lungo assi già teorizzati e ritenuti di interesse nazionale. Come unica condizione di partecipazione al bando era posto il rispetto alcuni standard tecnici fissati dal Corps. Sebbene possa apparire a prima vista come un’ottima proposta questi bandi non riscossero un grande successo e se per la linea Saint-Etienne-Lione vi fu una certa concorrenza per assicurarsi la concessione, nel bando per la linea Tolosa-Montauban si presentò soltanto una compagnia interessata che ottenne quindi la concessione senza alcuno sforzo. In diversi altri bandi addirittura non comparve alcun partecipante (in particolare i bandi per le linee Parigi-Pontoise e Parigi-Orléan). Secondo Dobbin il Corps des Ponts et Chaussées aveva peccato di superbia ritenendo che le sue previsioni teoriche su come si sarebbero dovuti sviluppare i sistemi di trasporto nazionali coincidessero completamente con gli interessi della nazione e non potessero essere oggetto di dibattito. Esso limitò le concessioni ferroviarie perché rifiutava ogni percorso non teorizzato da lui stesso come vitale per gli interessi nazionali, arrivando a respingere più di trenta richieste nel periodo 1823-1833 fornendo come causa il pubblico interesse[7].
Se da un lato vediamo quindi come l’organo statale legato alle costruzioni infrastrutturale renda problematica la costruzione di ferrovie dall’altro lato vediamo come gli stessi capitalisti francesi furono causa di problemi. Questo a causa della diffusione capillare e la messa in pratica della dottrina liberista, era questa una posizione politica particolarmente presente e radicata fra i capitalisti francesi. Essa vedeva con ostilità qualsiasi intervento statale, considerato in ogni sua manifestazione come una minaccia al libero mercato ciò anche in opposizione alla tradizione statalista francese creando non pochi attriti con pratiche collaudate. Questa dottrina influenzava in primo luogo il mercato azionario ma allo stesso tempo aveva importantissime conseguenze politiche perché era stata abbracciata da politici di primo piano nel panorama governativo della Monarchia di luglio, fra i quali spiccava Adolphe Thiers, ministro del Commercio e delle Opere Pubbliche del governo di Luigi Filippo dal 1832 al 1834 poi ministro dell’Interno.

I capitali privati erano però insufficienti allo sviluppo ferroviario. Thiers ne era conscio e con il tempo venne affermandosi un modello ibrido di spesa per le costruzioni ferroviarie. Inizialmente egli richiese al Parlamento la mobilitazione 500.000 franchi per finanziare dei primi studi estesi in modo tale da poter pianificare un sistema ferroviario nazionale avvalendosi della capacità d’analisi del Corps des Ponts et Chaussées lasciando però maggior campo d’azione ai gruppi d’investimento privati[8].

Dopo che il governo Thiers fece allentare la presa al Corps e fino alla metà degli anni Quaranta del XIX secolo i numerosi progetti presentati risultarono però privi di coesione, ossia di una struttura sistemica in cui inserirsi. Allo stesso tempo apparivano anche come progetti incerti, nel senso che da parte dei privati non vi era grande speranza nei progetti ferroviari. Le ferrovie erano ancora viste come un sistema di trasporto inaffidabile e oggetto di numerose perplessità e critiche. Questa sfiducia portò a una consistente carenza di investimenti nel settore e quindi a un suo sottosviluppo[9]. Anche dopo che questo programma ibrido venne finalmente accettato da un più grande pubblico, non finirono però i dibattiti sul tema: il nuovo punto di scontro divenne infatti l’estensione della presenza statale nel sistema ferroviario.

La direzione del Corp des Ponts et Chaussées realizzò presto come fosse essenziale per la messa in atto di qualsivoglia piano nazionale quantomeno una direzione centrale e statale delle ferrovie. Questa posizione era fortemente sostenuta da Alexis Victor Legrand, direttore del Corps dal 1832 al 1847. Secondo i partigiani di Legrand la direzione statale doveva agire da metteur en scène della rete ferroviaria nazionale in cui avrebbero interagito più attori, pubblici e privati. Questo ruolo direttivo era ritenuto necessario per elaborare un sistema di costruzione omogeneo, regolare e standardizzato oltre che per dare organicità ai singoli progetti privati, e per esercitare una continua pressione governativa in modo da portare alla creazione di una rete unificata, capace di servire alle necessità della nazione, prima che alle necessità delle singole compagnie partecipanti. Nel campo filo-statalista vi era al tempo anche una voce più radicale ancora di Legrand, un sostenitore di un sistema ferroviario di proprietà statale, era questa quella dell’importante deputato Alphonse de Lamartine. Egli si pronunciò contro le compagnie private, le quali non avrebbero avuto la capacità di raggiungere grandi scopi che andassero oltre il semplice profitto dei loro azionisti. Al riguardo mi sembra opportuno citare una frase principe chepronunciò alla Camera dei deputati nel 1838 la quale ritengo possa riassumere la sua posizione: « Rien de grand ne s’est fait, de grand, de monumental en France, et je dirais dans le monde, que par l’État »[10]. Le proposte di Alphonse de Lamartine non riuscirono però ad ottenere il consenso desiderato e necessario per la loro applicazione. Questo avvenne soprattutto per i costi proibitivi di tali progetti, non affrontabili per l’erario pubblico, e ciò si palesò sotto gli occhi di tutti quando nel 1838 il Parlamento respinse un piano ambizioso di espropri per un miliardo di franchi.
Nonostante questa prima battuta d’arresto al piano generale, vennero comunque approvati molteplici singoli progetti e, un passo alla volta, vennero avviate diverse costruzioni. Complessivamente però il tasso d’investimento era misero, con una media attorno ai quattro milioni di franchi annui nel periodo 1825-1834[11]. Ancora non si erano presentate «le enorme masse di capitali» necessarie per queste nuove infrastrutture di cui sottolinea l’importanza Hobsbawm[12].
Questo primo sistema disorganizzato e privo di una gestione dall’alto portò all’emergere in diversi contesti di rivalità regionali, principalmente dibattiti continui fra le varie municipalità sui tragitti ferroviari. La municipalità di Metz, ad esempio, fu molto vocale nell’esprimere la sua più completa disapprovazione per il percorso disegnato dalla linea Paris-Strasbourg, passante per la più meridionale Nancy. Ogni regione dava ragioni strategiche e commerciali, più o meno verosimili, per le quali le linee sarebbero dovute passare per una certa zona piuttosto che per un’altra.

Punto di partenza fondamentale per la storia ferroviaria francese e soluzione ai problemi che affliggevano le prime costruzioni ferroviarie furono le leggi dell’11 giugno 1842[13]. Queste leggi erano per tutti la mise en place della cosiddetta étoile de Legrand. Il progetto della Stella di Legrand venne presentata per la prima volta nel 1837 in un’udienza parlamentare dopo che la necessità dell’intervento statale si era mostrata evidente a tutte le parti in seguito ai fallimenti delle compagnie private (in particolare nei collegamenti Paris-Rouen e Paris-Orléan) dotate di capitali insufficienti, diversamente da quanto stava accadendo nel Regno Unito[14].
L’étoile de Legrand consisteva nella teorizzazione di una rete ferroviaria da raggiungere nel più breve tempo possibile in modo da creare un sistema di trasporto significativo, si basava su Parigi come suo centro, considerato, nella visione di Legrand, centro dei trasporti non solo di Francia ma anche d’Europa. La Stella doveva infatti collegare Parigi alle nazioni vicine, ossia il Belgio passando per Lille, l’Inghilterra secondo un percorso da determinarsi, gli stati tedeschi attraverso Nancy e Strasburgo, la frontiera spagnola da raggiungersi passando per Tours, Poitiers e Bordeaux, poi verso il Mare Mediterraneo passando per Lione, Cette (ad oggi Séte) e Marsiglia. Secondo centro di una più piccola stella sarebbe stata proprio Marsiglia da cui avviare collegamenti con l’Italia, verso Bordeaux in modo da collegare il Mare Mediterraneo e l’Oceano Atlantico[15].

Nelle leggi del 1842 era prevista una chiara divisione degli incarichi: allo Stato concerneva la pianificazione e farsi carico delle spese infrastrutturali mentre alle compagnie private spettava la costruzione della sovrastruttura, cioè stazioni, binari, la gestione del materiale rotabile e del servizio.
Un primo salto di qualità da parte dei privati venne compiuto nel 1845 da James de Rothschild, caso unico per la Francia di capitale privato sufficiente. Il 20 settembre 1845 la ricchissima famiglia Rothschild diede vita alla Compagnie du Chemin de Fer du Nord con un capitale sociale di 200 milioni di franchi, basando i primi lavori sulla linea prevista dal piano di Legrand, quella fra Parigi e Lille[16].
Nel 1847 però diverse difficoltà economiche investirono numerose compagnie ferroviarie da poco fondate come la Compagnie des chemins de fer de Paris à Orléan (P.O.) e la Compagnie de chemins de fer de Paris à Lyon, le quali risultarono ai loro debitori praticamente insolventi[17] Ciò favorì una sistematica revisione degli accordi esistenti, con una certa rivalutazione almeno parziale delle idee stataliste di Lamartine per abbandonare il laissez faire che si era sviluppato nel settore. Si diffuse anche un certo interesse verso il potenziale acquisto delle compagnie in bancarotta per spostarsi verso un sistema basato sul modello belga di gestione statale centralizzata. Purtroppo però il governo altamente instabile di quegli anni non aveva la forza di agire in tal senso e l’unico elemento di legislazione ferroviaria di tutto il periodo post-rivoluzionario 1848-1852 fu una concessione ad una compagnia per la linea Paris-Rennes, nel quale però venne inaugurato un modello di garanzia statale che sarebbe stato usato frequentemente in seguito in quanto ritenuto il migliore possibile, cioè la garanzia di profitto sugli interessi azionari[18].
 Le costruzioni per quanto numerose – anche in Francia iniziò infatti la cosiddetta railway fever – non furono sistematiche. Un sistema ferroviario fu creato solo nel corso degli anni Sessanta del secolo. Fino ad allora rimase infatti impossibile percorrere unicamente in treno un tragitto da una parte all’altra della nazione, essendo ancora necessari continui trasbordi da un treno all’altro e in ogni caso era quasi impossibile aggirare Parigi[19]
Considerando le difficoltà attraversate in questo periodo le costruzioni ferroviarie furono un utile mezzo di modernizzazione in Francia, dallo scontro nasce una sintesi e questa si ebbe successivamente grazie alla garanzia di interesse e a un primo modello ibrido. Questa continua sperimentazione e correzione permise anche alla gestione statale di adattarsi progressivamente a un nuovo mezzo di cui ancora non si comprendevano le potenzialità e i limiti. Allo stesso tempo l’economia francese ritrovò dinamismo in queste nuove costruzioni; secondo le stime di Levy-Leboyer i capitali investiti nelle infrastrutture costituirono il 20% di tutti gli investimenti immobiliari avvenuti in Francia ogni anno fino agli anni Trenta per poi superare il 25% dalla decade successiva. La maggior parte di questi investimenti era però costituito da capitale pubblico o comunque garantito da enti pubblici, seguendo una pratica affermatasi per la prima volta negli anni Trenta. Lo Stato, in questo modo, controllava che i lavori procedessero costantemente. Se ciò da un lato poneva scadenze e limiti alle imprese, «uccidendo il libero mercato» secondo i detrattori di questo metodo, allo stesso tempo dava al governo leva sulle costruzioni[20].

FONTI

Bibliografia:

Barjot D., Histoire économique de la France au XIXe siècle, Paris, Nathan, 1995.

Clapham J.H., The Economic development of France and Germany: 1815-1914, Cambridge, Cambridge University Press, 1968.

Dobbin F., Forging industrial policy: The United States, Britain and France in the Railway Age,Cambridge, Cambridge University Press, 1994.

Hobsbawm E.J., L’età della Rivoluzione (1789-1848), Milano, Rizzoli, 1999.

Lévy-Leboyer M., Investimenti e sviluppo economico in Francia, 1820-1930, in Storia Economica Cambridge, vol. VII, L’età del Capitale: Gran Bretagna, Francia, Germania, Scandinavia, Torino, Einaudi, 1978, pp. 338-409.

Mitchell A. The Great Train Race, Railways and the Franco-German Rivalry 1815-1914, New York,  Berghahn Books, 2006.

Rioux J.P., La révolution industrielle 1750-1880, Paris, éditions du Seuil, 1971.

Robbins M., The Railway Age, Manchester, Manchester University Press, 1998.

Woronoff D., Histoire de l’industrie en France du XVI siècle à nos jours, Paris, édition du Seuil, 1998.

Fonti a stampa:

Bulletin des lois de la République Française, n. 390, loi n. 2946 – Loi relative au Chemin de fer de l’Ouest, Paris, Imprimerie Nationale, 1851.

Bulletin des lois du royaume de France, IX, vol. 24,1842, n. 914, Paris, Imprimerie Royale, pp. 482-486.

Lamartine A., Discours prononcé a la Chambre des députés, 8 mai 1838, Archives de l’Assemblée nationale.

Péréire I., La Question des Chemins de fer, Paris, éditions Motteraz, 1879.

Immagine di copertina:

“Chemin de fer de Lyon à Saint-Étienne”, lithographie de Engelmann père & fils, Mulhouse (circa 1834-1835) disponibile su Wikipedia al link https://commons.wikimedia.org/wiki/File:SEt-Lyon_Train_divers.jpg


NOTE:

[1] Mitchell A., The Great Train Race, Railways and the Franco-German Rivalry 1815-1914, New York,  Berghahn Books, 2006, pp. 5-6.

[2] Barjot D., Histoire économique de la France au XIXe siècle, Paris, Nathan, 1995, pp. 47-54.

[3] Dobbin F., Forging industrial policy: The United States, Britain and France in the Railway Age,Cambridge, Cambridge University Press, 1994, pp. 106-107.

[4] Rioux J.-P., La révolution industrielle 1750-1880, Paris, éditions du Seuil, 1971, p. 77.

[5]Woronoff D., Histoire de l’industrie en France du XVI siècle à nos jours, Paris, édition du Seuil, 1998, pp. 230-234.

[6] Dobbin F., Forging industrial policy, cit., pp. 112-114.

[7] Dobbin F., Forging industrial policy, cit., p. 102.

[8] Mitchell A., The Great Train Race, cit., pp. 13-18.

[9] Lévy-Leboyer M., Investimenti e sviluppo economico in Francia, 1820-1930, in Storia Economica Cambridge, vol. VII, L’età del Capitale: Gran Bretagna, Francia, Germania, Scandinavia, Torino, Einaudi, 1978, p. 354.

[10] Lamartine A., Discours prononcé a la Chambre des députés, 8 mai 1838, Archives de l’Assemblée nationale.

[11] Woronoff D., Histoire de l’industrie en France, cit., pp.229-230.

[12] Hobsbawm E.J., L’età della Rivoluzione (1789-1848), Rizzoli, Milano, 1999, pp.56-60.

[13] Bulletin des lois du royaume de France, IX, vol. 24,1842, n. 914, Paris, Imprimerie Royale, pp. 482-486.

[14] Mitchell A., The Great Train Race, cit., p. 7.

[15] Bulletin des lois du royaume de France, pp. 482-486.

[16] Rioux J.-P., La révolution industrielle, cit., pp. 76-77.

[17] Clapham J.H., The Economic development of France and Germany: 1815-1914, cit., p. 146.

[18] Bulletin des lois de la République Française, n. 390, loi n. 2946 – Loi relative au Chemin de fer de l’Ouest, Imprimerie Nationale, Paris, 1851.

[19] Robbins M., The Railway Age, Manchester University Press, Manchester, 1998, p. 124.

[20] Levy-Leboyer M., Storia economica Cambridge, cit., pp. 357-359.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: