Le vite spezzate di Marzabotto

di Grazia Enerina Pisano

Abstract

Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, lungo l’Appennino tosco-emiliano, nei territori limitrofi al comune di Marzabotto, dalle SS naziste fu compiuto l’Eccidio di Marzabotto, il più atroce in Italia. In quei giorni, persero la vita 770 civili, di cui 216 bambini, 316 donne e 160 anziani. Oggi, tra le lunghe vallate e il piccolo cimitero, rimane il Parco storico di Monte Sole, istituito nel 1989 per non dimenticare mai.

Entre le 29 septembre et le 5 octobre 1944, long l’Apennin tosco-émilien, dans les territoires limitrophes du village homonyme, s’est deroulé le Massacre de Marzabotto, perpretré par les SS Nazis. Ce massacre a été le plus atroce en Italie. Au cours de ces journées, 770 civils ont perdu leurs vies, dont 216 enfants, 316 femmes et 160 anciens. Aujourd’hui, entre les longues vallées et le petit cimetière, on peut trouver le Parc historique de Monte Sole, créé en 1989 pour ne jamais oublier.

Between 29th of September and 5th of October 1944, along the Tuscan-Emilian Apennines, in the territories adjacent to the municipality of Marzabotto, the Nazi SS carried out the Massacre of Marzabotto, the most atrocious in Italy. In those days, 770 civilians lost their lives, including 216 children, 316 women and 160 elders. Today, between the long valleys and the small cemetery, you can find the Historical Park of Monte Sole, established in 1989 to never forget.

Le vite spezzate di Marzabotto

Nel Parco storico di Monte Sole, lungo l’Appennino tosco-emiliano, oggi restano soltanto le lunghe vallate, il piccolo cimitero e le macerie di una chiesa. Tra gli alberi, la Stella Rossa dell’omonima brigata partigiana. Questo il luogo in cui, tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, si consumò la più efferata strage compiuta dalle SS naziste in Italia nella quale persero la vita 770 civili di tutte le età: fu l’Eccidio di Marzabotto, avvenuto a distanza di un mese dalla terribile Strage di Sant’Anna di Stazzema[1].

Con l’avanzata delle truppe alleate a sud, Marzabotto, uno dei primi paesi amministrati dai comunisti in Emilia Romagna, divenne luogo di resistenza e base stabile delle brigate partigiane. Di fatto, dopo lo sfondamento della precedente linea Gustav e la liberazione di Roma da parte degli Alleati nel giugno del ’44 e quella di Firenze nell’agosto dello stesso anno, le truppe naziste cominciarono a costruire una nuova linea difensiva di confine lungo l’Appennino tosco-emiliano, fino a Rimini. Era l’ultimo anno della Seconda guerra mondiale e il secondo della Guerra civile in Italia: il 1944, quello in cui i territori di Marzabotto divennero luogo della più grande strage di civili compiuta dai nazisti in Italia.

Fin dai giorni successivi l’armistizio dell’8 settembre 1943, come a Bologna, anche a Marzabotto  cominciarono le azioni di resistenza contro la dominazione nazi-fascista: qui, su direttiva dell’organizzazione comunista provinciale, venne dato l’assalto al deposito di grano e, dopo il bombardamento aereo delle truppe alleate su Bologna del 25 settembre del 1943 (in cui persero la vita centinaia di civili), nacquero i primi gruppi di resistenza partigiana riuniti intorno alla Brigata Stella Rossa comandata da Mario Musolesi, soprannominato “Lupo[2]”. I partigiani si insediarono sui monti che, come nel caso di Monte Sole, oltre a offrire rifugi naturali, permettevano di controllare il passaggio della linea ferroviaria Direttissima Bologna-Firenze.

Nel giro di poche settimane i partigiani fraternizzarono con la popolazione che, sostenendo la causa di Liberazione nazionale, offriva aiuto e supporto materiale, quale cibo, vestiti e luoghi caldi in cui riposare. È il caso dei paesini vicino al comune di Marzabotto, lungo le pendici di Monte Sole, come Cassaglia, Caprara, Cerpiano, Pioppe di Salvaro, Canovetta, San Giovanni, Casoncello, Creda e San Martino: luoghi dove, tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, troveranno la morte 770 civili.

Infatti, venuti a conoscenza del supporto alle forze di Resistenza da parte della popolazione civile, dopo la guerriglia e la vittoria partigiana nei territori di Monte Sole nel maggio del 1944 e lo sciopero dei lavoratori impiegati nella fortificazione della Linea Gotica nell’agosto dello stesso anno, i nazisti cominciarono immediatamente le rappresaglie “antipartigiane”, divenute sempre più cruente dopo la liberazione di Firenze e la paura dello sfondamento della Linea Gotica a sud. Così, nell’agosto del ’44, dalla Toscana iniziò la marcia del reparto della 16° divisione delle SS naziste, già macchiatesi dell’Eccidio di Sant’Anna di Stazzema, un piccolo paese toscano indicato sulle carte dei comandi nazisti come nido di partigiani. Qui, nonostante l’assenza dei partigiani, la furia nazista si sferrò sui civili: tra fucilazioni di massa, raffiche di mitra e case bruciate, più di 400 persone, di ogni età, persero la vita. A seguito della manomissione degli archivi, la portata reale del massacro fu scoperta soltanto nel 1994, quando furono ritrovati 695 fascicoli in un armadio del Palazzo Cesi della Procura Generale Militare a Roma, provvisoriamente archiviati. Il ritrovamento dei fascicoli, come spiega la storica Toni Rovatti, permise di riaprire l’inchiesta sui colpevoli della Strage presso la Procura militare di La Spezia, con un’udienza preliminare svolta il 2 dicembre 2003 a carico di sette militari del II battaglione del 35° reggimento della 16° divisione delle SS, in un processo istituito dal Procuratore De Paolis[3].

Abbandonato il territorio toscano, nella risalita verso nord, tra il 23 e il 24 settembre 1944, i reparti nazisti fecero terra bruciata distruggendo tutto ciò che incontravano, compresi i binari della Direttissima; nel mentre i partigiani della Brigata Stella Rossa, ritenendo erroneamente che stesse per giungere il momento finale, si apprestarono a bloccare le vie di ritirata delle truppe naziste.

Quando il 28 settembre gli americani giunsero nei pressi di Lagaro, a 10 chilometri da Monte Sole, i nazisti organizzarono una massiccia operazione contro partigiani e popolazione civile che li sosteneva. Furono così mobilitati 1500 uomini delle forze nazi-fasciste che, all’alba del 29 settembre, puntarono su Monte Sole[4]. Ebbe inizio la Strage di Marzabotto.

Infatti, sebbene il quotidiano Il resto del Carlino pubblicò in data 11 ottobre 1944 un articolo dal titolo Voci inconsistenti, in cui dichiarava di poter smentire le “macabre voci” relative alla morte di centocinquanta persone tra uomini, donne e bambini “nel corso di un’operazione di polizia contro una banda di fuori-legge”[5], secondo quanto riportato dal Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto, tra tutte le vittime, in sei giorni furono uccisi 216 bambini, 316 donne e 160 anziani[6].

Inizialmente i nazisti arrivarono a Casaglia dove, a seguito dei rastrellamenti nei territori limitrofi, la popolazione si era riunita in preghiera nella piccola Chiesa di Santa Maria Assunta. I soldati irruppero e, dopo aver ucciso una ragazza disabile in sedia a rotelle, la stessa sorte toccò al parroco, Ubaldo Marchioni, che li implorava di fermarsi. Costretti ad abbandonare la chiesa, i civili (più di cento) furono portati nel cimitero vicino e qui furono uccisi. Ai colpi di mitra e alle successive bombe a mano, soltanto cinque civili sopravvissero.

Fu poi il turno di Caprara, attaccata il 29 settembre: qui le truppe naziste, dopo aver ucciso una madre con i suoi sette figli, rinchiusero circa settanta civili nella cucina di una casa in cui lanciarono poi le granate. Poiché alcuni tentarono la fuga, questi furono fucilati. Soltanto otto civili sopravvissero.

Poi di Creda, dove il 29 settembre i nazisti raggrupparono novanta civili sotto un porticato e cominciarono a sparare: settantanove furono le vittime, di cui venticinque giovanissime.

Nella stessa mattinata, a Casone di Riomoneta, le forze naziste uccisero venti civili, per lo più donne e bambini che, costretti a uscire dal rifugio antiaereo in cui si nascondevano, furono fucilati. Si salvarono in pochissimi.

Successivamente di Cerpiano: anche qui i nazisti arrivarono il 29 settembre e rinchiusero circa cinquanta civili nell’oratorio di paese dove sferrarono colpi di mitra e lanciarono bombe a mano. Alcuni dei superstiti, già gravemente feriti, furono definitivamente ammazzati l’indomani, il 30 settembre. Soltanto una donna e due bambini sopravvissero, nascosti sotto i cadaveri.

A seguire, le squadre naziste arrivarono a San Giovanni e Casoncello, dove ammazzarono cinquantuno civili, tra cui venti bambini. Nessuno sopravvisse.

E, poiché a Cadotto, dalla fine di settembre si erano rifugiati alcuni partigiani della Brigata Stella Rossa (tra cui “Lupo” che fu ucciso in uno scontro), qui i nazisti condussero operazioni sulla popolazione locale: furono quaranta i civili uccisi tra le case bruciate.

Arrivarono quindi a Pioppe di Salvaro dove, tra il 29 e il 30 settembre, furono condotti nella scuderia del paese un centinaio di uomini; questi furono successivamente divisi in tre gruppi, di cui il primo fu liberato, il secondo fu mandato nei campi di concentramento delle Caserme Rosse (BO) e il terzo, di circa quarantacinque persone, fu ucciso a colpi di mitra e pistola. Morirono tutti e i corpi non furono mai recuperati.

Il 30 settembre, i nazisti giunsero a San Martino dove, anche qui, la popolazione era riunita nella chiesa del villaggio in preghiera: più di quarantacinque civili furono uccisi e l’edificio bruciato.

A Canovetta, il primo ottobre, furono fucilati trenta uomini precedentemente rastrellati e considerati inadatti al lavoro coatto. Alle bombe a mano, coperti dai corpi dei compagni, sopravvissero soltanto quattro persone[7]. Le truppe tedesche perquisirono ogni villaggio e la strage continuerà senza sosta fino al 5 ottobre 1944.

Ma dietro i numeri e le cifre ci sono storie di vita, alcune mai raccontate, altre conosciute grazie alle parole dei sopravvissuti: è il caso di Cornelia Paselli, Elide Ruggeri e Ferruccio Laffi, alcuni dei superstiti della Strage che, una volta tornata la pace, hanno trovato la forza di raccontare.

La storia di Cornelia Paselli, che nel settembre del 1944 aveva 17 anni e abitava a Gardelletta con i genitori, la sorella, i due fratelli gemelli e la sua “pecorina” è stata raccontata nel documentario di Lorenzo K. Stanzani dal titolo 1944: silenzio sul Monte Sole. Trasferitasi con la famiglia a Cerpiano, ritenuto luogo più sicuro di Gardelletta, la mattina del 29 settembre, alla vista degli incendi e al suono degli spari provenienti dai paesini limitrofi, il padre ordinò alla famiglia di rifugiarsi nella chiesa di Casaglia, mentre lui si sarebbe nascosto nei boschi insieme ai partigiani. Ma, mentre recitavano il rosario sotto la guida di Ubaldo Marchioni, nella chiesa arrivarono le SS e tutti furono costretti a uscire e a schierarsi lungo il muro del cimitero vicino. Cominciarono le fucilate, i gemelli morirono quasi subito e la madre morirà poco dopo. Cornelia, invece, nascosta sotto i cadaveri, riuscì a salvarsi e a scappare in cerca di aiuto. Arrivata a Cerpiano, vide i corpi morti dei vicini e la “pecorina sgozzata”: in quel momento realizzò ciò che era successo[8].

Quella di Elide Ruggeri, invece, è stata raccolta dall’Istituto storico Parri Emilia Romagna ed è disponibile sul sito del progetto Storia e Memoria di Bologna. Il 29 settembre 1944, Elide Ruggeri aveva diciotto anni e viveva a Casaglia di Marzabotto in una famiglia di mezzadri composta da undici persone. Intravisti gli incendi e avvertita dai partigiani dell’imminente arrivo dei nazisti, la famiglia decise di dividersi: gli uomini avrebbero seguito i partigiani nel bosco, donne e bambini si sarebbero rifugiati nella chiesa di Don Ubaldo Marchioni. Anche lei, come Cornelia Paselli, mentre i nazisti sistemavano le mitragliatrici all’ingresso della cappella del cimitero, fu disposta lungo il muro. Secondo il suo racconto, i nazisti spararono per quarantacinque minuti, mirando in basso per colpire i bambini e lanciando bombe a mano contro tutti gli altri. “Smisero solo quando finì l’ultimo lamento. I bambini, una cinquantina, erano tutti morti, fra le braccia delle loro madri. Alcuni adulti riuscirono incredibilmente a salvarsi, sepolti sotto i morti. […] Anch’io, ferita, restai fra i cadaveri e sopra, al mio fianco, c’erano i cadaveri delle mie cugine e quello di mia madre, sventrata […]. Restai, così immobile, tutta la notte e tutto il giorno seguente, sotto la pioggia, in un mare di sangue e quasi non respiravo più. All’alba venne mio zio, mi estrasse dal mucchio e mi portò via”, queste le sue parole[9].

La storia di Ferruccio Laffi, che al tempo aveva sedici anni, è stata raccontata da lui in molteplici interviste, tra cui il sopracitato documentario di Stanzani. Egli, penultimo di sette figli di una famiglia di mezzadri di Colulla, fu l’unico a salvarsi insieme al fratello con cui si nascose in un calanco il 30 settembre 1944. Quando tornarono alla casa, trovarono la famiglia trucidata sull’aia: il più piccolo dei bambini uccisi non aveva neanche un anno di vita. Ferruccio Laffi è riuscito a raccontare la sua storia soltanto in età avanzata ma, come da lui stesso dichiarato: “Mi raccomando, io non ho mai parlato di queste cose ma, se voi altri ne tenete conto e andate a dirle a qualcuno, io sono contento perché queste cose qui non dovrebbero succedere più e, se c’è qualcuno che se le ricorda e le divulga, io sono contentissimo” [10].

Queste sono soltanto tre delle storie dei pochissimi sopravvissuti alla Strage di Marzabotto, la maggior parte delle altre non si è mai potuta raccontare.

Il 25 settembre 1949, il presidente della Repubblica Luigi Einaudi consegna alla città di Marzabotto la medaglia d’oro al Valor Militare, poiché dall’8 settembre 1943 al 1 novembre 1944 “Marzabotto preferì ferro, fuoco e distruzioni piuttosto che cedere all’oppressor”[11] .

Nel 1951 a Bologna comincia il processo contro il maggiore Walter Reder, accusato di una serie di massacri contro la popolazione civile italiana in Toscana ed Emilia-Romagna, durante la ritirata del suo battaglione: il 56° della 16° divisione delle SS. A Reder furono attribuiti la Strage di Sant’Anna di Stazzema, l’eccidio di Bardine San Terenzo, il massacro di Valla e di Vinca[12], e l’immenso bagno di sangue di Monte Sole. Il 31 ottobre 1951 Walter Reder viene condannato all’ergastolo con degradazione, poiché riconosciuto colpevole delle stragi di Bardine San Terenzio, Vinca, Valla e Marzabotto (limitatamente agli episodi avvenuti nelle frazioni di Casaglia, Cerpiano e Caprara); è invece assolto per insufficienza di prove in relazione agli eccidi di Sant’Anna di Stazzema, San Martino, Colula di Sopra, Colula di Sotto, Ca’ Roncadelli. Nel 1954 il Tribunale supremo militare rettifica la sentenza assolvendo l’imputato con formula piena in relazione agli episodi di Sant’Anna di Stazzema, di Bergiola e del fiume Frigido, ma condannandolo all’ergastolo per l’Eccidio di Marzabotto [13].

Con la Legge Regionale n.19 del 27 maggio 1989, la regione Emilia Romagna istituisce il Parco Storico di Monte Sole, con l’obiettivo di restaurare e conservare il patrimonio storico e naturale della zona. La legge si pone come fine la ricostruzione, la conservazione e la diffusione della “memoria degli episodi dell’insorgenza partigiana e in particolare della Brigata Stella rossa per la liberazione d’Italia, unitamente a quella degli eventi accaduti nell’autunno 1944 a Monte Sole e nel circostante territorio tra Reno e Setta che videro lo scatenarsi della barbarie nazifascista contro inermi popolazioni, l’eccidio spietato di uomini, donne, vecchi e bambini, nel quale si attuò il sacrificio di intere comunità”. Di fatto, come dichiarato nell’articolo 1 della suddetta legge, essa mira a “mantenere aperta la riflessione su quei fatti” e ad “approfondire la conoscenza storica e scientifica delle condizioni materiali, sociali e culturali che favorirono la nascita del fenomeno fascista in Italia e del fenomeno nazista in Germania con la conseguente costruzione della sua macchina di morte”. Essa volge al sostegno di “tutte quelle attività sociali, economiche e produttive che, compatibilmente con la salvaguardia dell’ambiente naturale, possono contribuire a riportare la vita tramite la pacifica attività umana, laddove si volle seminare morte e distruzione sotto l’impulso dell’ ideologia del Terzo Reich” [14].

Ancora oggi, ogni 25 aprile, in tantissimi si recano presso il Parco Storico di Monte Sole dove, in occasione della Festa della Liberazione, vengono organizzati concerti, visite guidate e percorsi di memoria affinché i tragici fatti consumatisi nell’autunno del 1944 non vengano mai dimenticati.

FONTI:

Bibliografia:

Rovatti T., Sant’Anna di Stazzema – Storia e memoria della strage dell’agosto 1944, DeriveApprodi, 2004 

Arbizzani L., Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese comune per Comune, Bologna – ANPI, 1998 

Sitografia:

ANPI Ravenna, Marzabotto – L’inutile strage, https://www.anpiravenna.it/marzabotto-linutile-strage-29-settembre-5-ottobre-1944/ 

ANPI – Reggio Emilia, Strage di Marzabotto, https://www.anpireggioemilia.it/agenda-della-resistenza/1944-strage-di-marzabotto/

Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia, http://www.straginazifasciste.it x

Bologna online – Biblioteca Sala Borsa, Dichiarazione del presidente della Repubblica Einaudi, https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/cronologia-di-bologna/1949/medaglia_doro_al_valor_militare_per_marzabotto 

Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto  https://www.martirimarzabotto.it 

Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto, I luoghi del memoriale, https://www.martirimarzabotto.it/luoghi/ 

Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto, Le cifre dell’Eccidio, https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwieuITGpo73AhXVhP0HHfN4CX0QFnoECCAQAQ&url=https%3A%2F%2Fwww.martirimarzabotto.it%2Feccidio-di-marzabotto%2F&usg=AOvVaw0dreFy6SsTS2q46pOubxmZ

Enciclopedia Treccani https://www.treccani.it 

Enciclopedia Treccani, Eccidio di Marzabotto, https://www.google.com/search?client=safari&rls=en&q=treccani+marzabotto&ie=UTF-8&oe=UTF-8

Il resto del Carlino, 11 ottobre 1944, https://www.storiaememoriadibologna.it/files/monte-sole/carlinomontesole.pdf 

Legge Regionale n.19 del 27 maggio 1989, https://demetra.regione.emilia-romagna.it/al/articolo?urn=er:assemblealegislativa:legge:1989;19&dl_t=text/xml&dl_a=y&dl_id=10&pr=idx,0;artic,1;articparziale,0&ev=1

Sentenza della Corte Suprema di Cassazione- Prima Sezione Penale – n. 1362/07 del 06/08 novembre 2007 https://www.difesa.it/Giustizia_Militare/rassegna/Processi/Sommer_Schoneberg_Bruss/Pagine/SentenzaCorteSupremaCassazione.aspx 

Storia e memoria di Bologna https://www.storiaememoriadibologna.it 

Storia e Memoria di Bologna, Biografia di Elide Ruggeri, https://www.storiaememoriadibologna.it/files/vecchio_archivio/seconda-guerra/m/marzabotto_ruggeri.pdf 

Storia e memoria di Bologna, Brigata Stella Rossa Lupo, https://www.storiaememoriadibologna.it/brigata-stella-rossa-lupo-27-organizzazione

Storia e memoria di Bologna, Eccidio di Monte Sole, https://www.storiaememoriadibologna.it/eccidio-di-monte-sole-54-evento 

Storia e memoria di Bologna, I giorni della strage di Monte Sole, https://www.storiaememoriadibologna.it/montesol/giorni-strage/ 

Filmografia:  

Documentario 1944: silenzio sul Monte Sole di Lorenzo K. Stanzani, Italia, 2019, disponibile al link https://www.raiplay.it/video/2019/10/speciale-tg1-17954de1-1556-45d3-a2a2-3166c5672d82.html 


NOTE:

[1] 12 agosto 1944 in Toscana, provincia di Lucca.

[2] La Brigata Stella Rossa si distingueva dalle altre per la composizione politica non omogenea e per il grande spirito pratico dell’azione militare, fattori che generarono frequenti contrasti e difficili rapporti con il Comando unico militare Emilia Romagna (CUMER). Oltre ai contrasti con i gruppi esterni, non mancavano però quelli interni alla Brigata: emblematica la scissione di un centinaio di uomini che, a seguito della discussione tra il comandante Melchiorri e “Lupo” a proposito della dislocazione tattica delle forze e della distribuzione delle armi, si allontanarono dalla zona di Monte Sole, recandosi in quella di Montefiorino.

[3]Rovatti T., Sant’Anna di Stazzema – Storia e memoria della strage dell’agosto 1944, DeriveApprodi, 2004, pp. 119-121.

[4]Arbizzani L., Antifascismo e lotta di Liberazione nel Bolognese comune per Comune, Bologna – ANPI, 1998 pp. 142-149.

[5]Il resto del Carlino, 11 ottobre 1944, https://www.storiaememoriadibologna.it/files/monte-sole/carlinomontesole.pdf

[6]Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto, Le cifre dell’Eccidio, https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwieuITGpo73AhXVhP0HHfN4CX0QFnoECCAQAQ&url=https%3A%2F%2Fwww.martirimarzabotto.it%2Feccidio-di-marzabotto%2F&usg=AOvVaw0dreFy6SsTS2q46pOubxmZ

[7]Comitato Regionale per le Onoranze ai Caduti di Marzabotto, I luoghi del memoriale, https://www.martirimarzabotto.it/luoghi/

[8]Documentario 1944: silenzio sul Monte Sole di Lorenzo K. Stanzani, Italia, 2019, disponibile al link https://www.raiplay.it/video/2019/10/speciale-tg1-17954de1-1556-45d3-a2a2-3166c5672d82.html

[9]Storia e Memoria di Bologna, Biografia di Elide Ruggeri, https://www.storiaememoriadibologna.it/files/vecchio_archivio/seconda-guerra/m/marzabotto_ruggeri.pdf

[10]Documentario 1944: silenzio sul Monte Sole di Lorenzo K. Stanzani, Italia, 2019, disponibile al link https://www.raiplay.it/video/2019/10/speciale-tg1-17954de1-1556-45d3-a2a2-3166c5672d82.html

[11]Bologna online – Biblioteca Sala Borsa, Dichiarazione del presidente della Repubblica Einaudi, https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/cronologia-di-bologna/1949/medaglia_doro_al_valor_militare_per_marzabotto

[12]17 e il 19 agosto 1944

[13]Rovatti T., Sant’Anna di Stazzema – Storia e memoria della strage dell’agosto 1944, DeriveApprodi, 2004, pp. 100-103.

[14] Legge Regionale n.19 del 27 maggio 1989, https://demetra.regione.emilia-romagna.it/al/articolo?urn=er:assemblealegislativa:legge:1989;19&dl_t=text/xml&dl_a=y&dl_id=10&pr=idx,0;artic,1;articparziale,0&ev=1.

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